Le dolci e tranquille onde del mar di Cortèz ci hanno cullato per tutta la notte, mantre la luna quasi piena si rispecchiava nel mare e illuminava il profilo delle piccole isole di fronte a noi.Verso l’una del mattino, come un gatto guardingo, apro un occhio per vedere una piccola barca di pescatori già al lavoro.
Ci svegliamo alle 7 con la consapevolezza che sarà l’ultima notte into the wild e, complice questo fatto, posso affermare che la notte appena trascorsa sia la migliore di tutte le notti passare nei miei viaggi e nelle mie avventure.

Iniziamo a pedalare sul bagna asciuga e dopo pochi metri il conto in sospeso viene a bussare alla nostra porta: la salita che ieri sera abbiamo schivato è lì ad aspettarci.
Pochi metri e iniziamo a sudare, la pendenza è folle, è la prima volta che troviamo, in questo viaggio, una salita cementata, è quasi impossibile farla in sella ma mentre Samy spinge la sua surly, io pedalo caparbiamente perchè voglio vedere se riesco ad arrivare in cima senza mettere il piede a terra, zigzagando a destra e sinistra come fanno gli asini… Ma riesco nella mia piccola impresa!
Aspetto che arrivi Samantha e ci godiamo, da quassù il panorama: alla nostra destra la sierra si estende per chilometri e chilometri, con le sue stratificazioni verde-azzurre e rosa, la strada bianca e sabbiosa percorre la piana e separa le zone verdeggianti con i cactus dal solito, azzurrissimo mare. Nel cielo terso e senza nuvole gruppi di avvoltoi volteggiano maestosamente in cerca di cibo mentre i più pigri restano in cima ai catus ad ali spiegate ad asciugarsi le piume dopo la notte.

Ci infiliamo in gole strette e percorriamo la pista che a tratti è a sbalzo sul mare ma il fondo, ancora una volta, è difficile da pedalare e procediamo più lenti di quanto potremmo fare, ma ne approfittiamo per goderci il paesaggio. Siamo di nuovo a corto di acqua, circa un litro e mezzo a testa, Samy sta finendo l’ultima acqua “sicura”, io sto bevendo quella del pescatore di ieri pomeriggio, ma ormai siamo vicini ad un piccolo negozio che ovviamente troviamo chiuso.
”sono andati a La Paz” dice un pescatore dal cortile di casa sua. Sotto il pergolato sta grigliando due pesci per colazione e ci offre acqua. Mentre scambiamo due parole appaiono da dietro la casa due ragazzi, lui irlandese, lei francese. Ian e Anne stanno facendo il nostro stesso percorso e anche loro hanno avuto difficoltà ieri a trovare cibo e acqua, tanto più che, essendo entrambi vegani ultraconvinti, non mangiano nemmeno tutto quello che trovano, tanto che lui, ieri, è svenuto e Ernesto, il pescatore, li ha soccorsi e ospitati per la notte.
I due ragazzi hanno finito ogni scorta di cibo e il pescatore può offrir loro solo pesce.
Apriamo le nostre borse e cerchiamo di soccorrerli con quel che abbiamo, ma pare che ogni cosa che abbiamo non vada bene, vuoi per il miele, vuoi per il burro, o per la carne… alla fine riusciamo a rifilargli solo due barrette che dovranno farsi bastare per 54km… contenti loro… Anche se distanti dalle nostre idee, siamo comunque felici di averli aiutati ma non sappiamo come faranno a procedere perchè loro, normalmente, fanno 40km al giorno e il negozio di San Juan De La Costa è lontanissimo ancora.

Salutiamo la compagnia e riprendiamo a pedalare saltellano tra le infinite buche immersi in un paesaggio che sembra dipinto. A tratti tra le rocce alla nostra destra e il mare alla nostra sinistra c’è solo la lingua sabbiosa della strada, e noi lì in mezzo!

La strada finisce in una cava dove grossi camion transitano carichi di carbone e vanno verso la strada principale che raggiungiamo anche noi di lì a poco. Una ripida salita ci indica che la fatica non è finita e quando stiamo per scollinare mi accorgo che il paesino è alle nostre spalle! In 23 giorni non ho saltato un waypoint e ora, a 54 km dalla città, mi perdo forse il più importante! Abbiamo poca acqua e siamo certi che l’emporio è aperto, ce l’ha confermato Ernesto così facciamo dietro-front e ci lanciamo in discesa fino a San -Juan de La Costa.
Entriamo tre o quattro volte nel piccolo ma fornitissimo negozio e mangiamo come se dovessimo morire domani, ma non moriremo di certo a pancia vuota! Finiamo l’abbuffato con due gelati e belli satolli torniamo ad affrontare la salita che ora, complici le calorie ingurgitate, sembra meno ripida di prima.

Anche se asfaltata la strada è comunque bellissima, un eterno sali-scendi a sbalzo su un mare ancora calmo e piattissimo. Ad un certo punto, in queste limpide acque, un gruppo di delfini ci accompagna nuotando tranquillamente come a volerci salutare prima che Samy ed io lasciamo definitivamente la costa per inoltrarci nelle campagne lungo una strada ora più noiosa.
Qualche chilometro più tardi, da un dosso, notiamo alla nostra sinistra, la città di La Paz! Mancano 25km e il nostro viaggio sta per finire ma vederla laggiù, come un miraggio dopo 24 giorni di pedalate impegnative in posti remoti, ci dona nuova forza e iniziamo a pedalare come pazzi!

Alle porte della città imbocchiamo una pista ciclabile che ci porta sul Malécon, il lungo mare della città, dove le famiglie si stanno godendo questa domenica pomeriggio passeggiando e facendo giocare i figli, chi in bici, chi con i monopattini.
Raggiungiamo l’ormai famosa scritta colorata LA PAZ e ci facciamo immortalare da un padre di famiglia.
Il nostro viaggio da sogno finisce qui. Siamo stanchi e felici. Ci meritiamo una birra gelata!

Mentre sorseggiamo una Sol e una Dos Esquis gelate nel dehors di un pub, ci riposiamo e guardiamo la sierra de la Giganta che abbiamo attraversato in questi ultimi giorni laggiù, all’orizzonte, dall’altra parte del golfo… Da qui sembra così piccola invece è stata così impegnativa, una vera GIGANTA!

Prenotiamo un hotel di lusso per i nostri ultimi tre giorni di vacanza, uno con colazione inclusa e piscina, vogliamo riposare, finalmente, e stare comodi.
Mentre Samy aspetta fuori io salgo in ascensore e trovo due ragazzi italiano in vacanza. Loro sono belli e profumati, io sono lurido, puzzo, ho sulla maglietta dei cerchi di sudore asciugato nei giorni che potrebbero essere letti come gli anelli nei tronchi degli alberi: si potrebbe capire, contandoli, da quanti giorni siamo in viaggio, dopotutto i 24 giorni questa maglietta è stata lavata una sola volta.
Ci sorridiamo, non faccio capire di essere italiano anche io, non ho voglia di interagire con altri essere umano ora, sto ancora vivendo la mia avventura, e mi presento al desk dove una gentile ragazza mi accoglie come un Signore nonostante il mio aspetto da barbone.
Questi messicani, devo dirlo, mi hanno stregato, sono stati tutti gentili e speciali, dal primo all’ultimo, e la loro terra, la Baja California, ci ha stregati in un modo che non ci saremmo mai aspettati.
Un giorno torneremo, vogliamo pedalare il cape loop, da La Paz a Cabo San Lucas, siamo rimasti stregati e abbiamo già nostalgia!
Che viaggio ragazzi!! Sicuramente con Valeria a tempo debito sarà sicuramente una meta da considerare!! Stupenda avventura… sarà che un po’ ci immedesimiamo è stato avvincente arrivare ogni sera nel racconto con voi!!
Vi auguro di poterlo fare perché per noi è stata una vera avventura!!!
Bravi molto bravi bel viaggio e grazie del vostro racconto che in questo periodo è perfetto ciao a presto. Jean-Pierre
Ciao Jean-Pierre! Grazie!!! Speriamo di vederci presto!!!
Ciao Marco,
debbo dire che il tuo racconto mi ha semplicemente STREGATO! Arrivato per caso e doverosamente fermatosi nella lettura.
Trasuda amore e passione sconfinata per la bici che per chi soffre della stessa “malattia” ma con meno capacità, non può che farsi trasportare e cullare dalle tue parole ed “immagini”.
Ritengo che ognuno di noi debba, in qualche modo, rendere dignitosa la vita da buoni funamboli inseguendo le proprie passioni ed attitudini conciliandole con le possibilità e doveri.
Tu e Samy, concedimi il vezzeggiativo da te usato, siete persone solari ed al contempo stesso intense di blu scuro oceano.
Un forte abbraccio ed al prossimo racconto!!!
Ma grazie! Davvero, fa piacere quando ció che scrivo viene così apprezzato!