Baja Divide: il giorno più caldo.

Durante la notte mi sveglio un paio di volte, sudo e sono caldissimo, ma mi lascio attrarre dalla luce della luna piena che risplende e illumina le montagne vicino al campo base.
Dopo qualche ora ci svegliamo, per colazione mi accontento di due biscotti e un’aspirina, poi ci mettiamo in marcia; dobbiamo fare attenzione, ci resta un litro di acqua a testa e il villaggio è a 20km da qui che possono sembrare pochi, ma se la strada sarà come ieri ci vorrà un bel po’ di tempo per percorrerli.
Detto fatto: usciamo dal campo dove abbiamo passato la notte e iniziamo a spingere per risalire il canyon che abbiamo sfruttato per la notte. Una lunga, ripida e scassata salita ci porta ad un passo con una Madonna in cima, come a segnare il destino che ci attende per oggi! Guardando l’altimetria del percorso di oggi ci dovrebbero essere quattro grandi cayon da attraversare, la cosa non ci rallegra ma siamo qui e dobbiamo adattarci.

Stiamo pedalando in una valle di origine apparentemente vulcanica, le rocce nere fanno contrasto con il verde dei pascoli, il fondo è sempre lo steso macello di ieri e la temperatura sale vertiginosamente, senza freni.
Quando ormai non abbiamo che il fondo di una borraccia come riserva idrica, notiamo in lontananza, in fondo alla discesa, un bosco di palme, circondato dal verde con un ruscello che attraversa la gola in cui sembra esserci il villaggio.

Arriviamo a San José De Comundù tre ore dopo la nostra partenza, dopo aver percorso solo 20km. Io mi sento meglio e ne approfitto per, finalmente, mangiare e idratarmi al negozio della missione e finalmente riusciamo a fare un bel carico di acqua, cinque litri a testa che dovrebbero bastarci per questa calda giornata.


L’ombra delle palme ci regala un po’ di refrigerio e non vorremmo ripartire più, ma lasciamo il villaggio pedalando su una strada bellisisma di ciottoli compatti, le case in pietra tutte ordinate e pulite, la piazzetta con fiori colorati e la chiesa della missione alla nostra destra.


Un amico perro, un cagnolone nero, si aggiunge alla compagnia e ci scorta per tutta la ripida salita che porta fuori dall’oasi, nel cuore delle montagne finchè, in malo modo, lo obbligo a tornare a casa sua, perchè ormai si è allontanato troppo.impieghiamo quasi un’ora ad uscire dal villaggio, e appena finisce l’ombra del bosco delle palme la temperatura segna 32°, e sono solo le 11.30 del mattino!
Dovremmo attraversare due o tre canyon profondi 400 metri l’uno e, un po’ scoraggiati li affrontiamo, con calma mentre la temperatura arriva a 37 gradi.
Saliamo l’ultimo, finalmente, completamente al sole, non una bava di vento a darci refrigerio, solo fatica ma il silenzio e lo scenario che si apre dinnanzi a noi fa quasi (e dico bene, QUASI) dimenticare tutta questa fatica.


Finalmente la strada si addolcisce, sempre irregolare ma non abbiamo più gole da attraversare e quando finalmente troviamo il primo stagno ne approfitto per rinfrescarmi un po’.


Questa era l’aqua che avremmo potuto filtrare e bere secondo il road book, ma non credo ne avrei avuto il coraggio, anche per il mal di pancia che ho avuto ieri… L’acqua e verdastra, coperta di alghe e odora di rana, insomma, anche filtrata e potabilizzata con le pastiglie di katadin non credo riuscirei a berla.
Il refrigerio dura una decina di minuti poi il sole alto e caldo torna a picchiare duro sulle nostre teste e, ad ogni stagno che incontriamo, bagno il buff e lo metto sulla testa, sotto il casco fino a coprire il colllo per resistere di più. Samy, come sempre, non patisce e mi aspetta mentre cerco di non crepare cotto dal sole.

Finalmente arriviamo al bivio per San Javier e, sorpesa del giorno, la strada è completamente asflatata! Benediciamo questa notizia e percorriamo gli ultimi 15km spensierati e leggeri, godendo finalmente della scorrevolezza dei nostri mezzi e preocediamo senza fatica! La giornata è stata devastante!
Una volta giunti alla missione, nella piazza principale, la chiesa in pietra domina sulle sparute case mentre gli abitanti sono riuniti nelle loro case per la cena.

Troviamo ospitalità nella casa del parroco, ha delle piccole casine in pietro col tetto in paglia che affitta ai viaggiatori per 30euro a notte.
Entriamo, i letti sono ancora disfatti dagli ospiti che ci hanno preceduto, ma non facciamo gli schizzinosi, ci docciamo e andiamo a cenare nel piccolo emporio sulla piazzetta. La ragazza del negozio ci serve quesadillas a volontà e cerveza fresca mentre il sole tramonta alle saplle della bellissima chiesa.

Un’altra giornata durissima, forse la più dura di tutto il viaggio volge al termine e noi, nei nostri letti comodissimi ma avvolti dal sacco a pelo aperto, ci addormentiamo nella capanna col tetto in paglia mentre nel ruscello a fianco le rane gracchiano e una capretta, col suo campanello ,ci tengono compagnia mentre prendiamo sonno.

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