Alla fine ci siamo svegliati vivi. Ci controlliamo bene, pare tutto ok, non abbiamo cicatrici quindi gli organi interni dovremmo ancora averli tutti.
E’ ancora buio, i generatori al mattino non partono, per la luce bisogna attendere quella naturale e tutto inizia con l’arrivo del sole. Pensiamo che alla fine non sia male affatto vivere regolandosi con la luce solare e non con l’orologio.
Facciamo colazione in camera mentre aspettiamo che fuori si schiarisca un po’ e quando finalmente mettiamo il naso fuori dalla porta e iniziamo a preparare le bici per partire da dietro l’angolo spunta il nostro ospite che con l’emblematico gesto del pollice e indice che si toccano, con tutte le altre dita alzate a simulare l’aver impugnato il manico di una tazzina portandola virtualmente vicino alle labbra, ci invita al cafecito del mattino.

La sala da pranzo ha un grande tavolo, sono rimasti solo gli uomini, le donne che ieri sera ci hanno preparato la cena oggi sono già a casa loro, ne è rimasta solo una a preparare la colazione per gli operai che, piatto alla mano, se li fanno riempire con frijoles, salsicce, uova strapazzate con porzioni veramente da “mi mangio questo e sono a posto per un mese”!
Samy ed io prendiamo solo il caffè ma il nostro nuovo amico non è tranquillo, si assenta un attimo e torna con due merendine confezionate ricoperte di cioccolato; avrà pensato che noi italiani non siamo abituati alla colazione salata e ovviamente, per non offenderlo, non diciamo che abbiamo già mangiato un quintale di biscotti e due scodelle di cappuccino liofilizzato, così aggiungiamo alla lista anche il cafecito e le merendine.
Mentre chiacchieriamo non possiamo non notare i cartelli esplicativi sul cosa fare e cosa no mentre si trattano rifiuti radioattivi, così ne approfitto per chiedere se in questa zona si occupano di questo: alcuni rispondono di sì, altri di no e capisco che non è forse il caso di indagare oltre, meglio rimanere ignoranti!
Quando siamo pronti a rimetterci in strada salutiamo i nostri nuovi amici e chiediamo quanto gli dobbiamo pagare per tutta l’ospitalità, la cena, le birre, la stanza, la colazione…
Quasi offeso il capo turno ci dice che siamo loro ospiti, siamo amici e che per loro aiutarci è stato un piacere ed un onore, ora possono dire di avere amici italiani!
”Che bello è stato conoscervi, siete veramente delle belle persone, se nel mondo ci fosse più gente come voi si vivrebbe davvero in un posto migliore” dice Samy con un messicano improvvisato ma comprensibile facendo commuovere i nostri nuovi amici, uno dei quali con gli occhi lucidi dice “ma veramente pensi questo?”.
Con la dolcezza che ci lascia questo momento ripensiamo allo spavento di ieri sera, quando avevamo paura di essere rapinati e ci accorgiamo che alla fine siamo sempre molto prevenuti, anche per tutte le paure che ci vengono trasmesse dai mass media. Non che bisogni per questo abbassare la guardia e fidarsi di chiunque, ma alle volte nella semplicità di qualche gesto si nasconde una umanità davvero toccante.

El Vizcaìno dista 52km, la pista di sabbia è una linea retta che taglia esattamente un territorio brullo e arido, le montagne all’orizzonte sembrano sempre nello stesso posto e procediamo zigzagando tra le tracce dei fuoristrada per trovare una migliore pedalabilità ma non sempre riusciamo nell’intento. Scopriamo così che a seguire le bestie ci si azzecca sempre: le tracce lasciate dalle mucche infatti, lontano dalla strada ma immerse tra i cespugli, formano una sorta di sentiero compatto dove pedalare è decisamente più facile e piacevole tanto che arriviamo in città già a mezzogiorno.

Seguiamo il consiglio del nostro road book e pranziamo in una pizzeria dove pare si mangi molto bene e, per la prima volta, ci concediamo un piatto italiano anche se siamo così lontani da casa!
In effetti la pizza era decisamente buona e ci da molta soddisfazione. Mangiamo nel dehors del ristorante sotto un bel sole e ci rilassiamo sorseggiando una birra fresca.
Poco più tardi troviamo una banca e preleviamo dei pesos, con non poche difficoltà. E’ incredibile la quantità di persone che affolla le banche e i bancomat! C’è letteralmente da fare la fila! Un vigile ci aiuta a capire come funziona per il prelievo e, al terzo tentativo, riusciamo ad uscire dalla banca un un malloppo di pesos incredibile che però, tradotto nella valuta a cui siamo abituati, saranno circa 250 euro!

La nostra prossima tappa è Mulegé, che però dovremo raggiungere in bus, per il solito problema della gestione del tempo a disposizione. Troviamo la stazione dei pullman, facciamo il biglietto e in cinque minuti precisi siamo sul bus pronti a partire.
Non ero mai salito su un pullmann così, aria condizionat, schermi sui sedili come negli aerei e uno spazio per le gambe incredibilmente ampio, anche per me che sono un metro e novanta!
Partiamo con un po’ di magone per non pedalare questo tratto, ma preferiamo così piuttosto che dover improvvisare una fuga nella parte finale che pare essere piuttosto remota e selvaggia.
Attraversiamo il confine tra le due regione, la Baja Calfornia Nord e la Baja California Sur dove, oltre a cambiare il fuso orario, dobbiamo espletare le formalità doganali davanti ad agenti in tenuta militare da guerra!
Col bus, comodamente seduti nulle nostre “poltrone” attraversiamo incredibili paesaggi, canyon scavati nelle rocce, e paesini quasi fantasma dove l’autista fa sosta per caricare e scaricare merce per gli altri villaggi; non è raro qui che i bus facciano servizio di corrieri dal momento che i corrieri come siamo abituati a conoscerli noi qui non fanno servizio e, se lo fanno, è troppo costoso per gli abitanti dei villaggi i quali vivono veramente con poco.
Riusciamo a vedere al volo la chiesa in ferro di Santa Rosalìa, costruita Eiffel, sì proprio quella della famosa torre di Parigi; lo stile è inconfondibile e si vede che è stata progettata dalla stessa persona. Sarebbe bello passare la notte qui e approfittare di uno dei pochi panifici che sforna baguettes calde tutte le mattine (a Santa Rosalìa la comunità francese è la più popolosa) ma la nostra traccia, da questo punto, sarebbe troppo lontana anche se, col senno di poi, sarebbe stato bello pedalare anche lungo la Mex1 in queste zone.

Arriviamo alla cittadina di destinazione e veniamo accolti da un arco con scritto Heroica Muelegè. Atteaversiamo l’arco e ci troviamo in una cittadina fantastica, ferma negli anni ‘60, pulita, colorata, gioiosa e rilassante.
Decidiamo che domani sarà il nostro giorno di riposo, e ne varrà la pena spenderlo qui anche perchè dovremo trovare un passaggio in barca per attraversare la baia e ripartire da Los Hornitos, ma non esiste un traghetto, dovremo cercare un pescatore disposto ad aiutarci.

Troviamo un bel hotel in cima alla collina, un tre stelle, con una enorme terrazza con pergolati coperti di fiori viola, una bella stanza comoda e un panorama sulla città fantastico.
Ci diamo una rinfrescata e usciamo subito per visitare la città e ci portiamo dietro un sacco con dentro i vestiti ormai luridi che abbiamo utilizzato ogni santo giorno per pedalare e che ormai fanno paura da quanto sono sudati, impolverati e macchiati.
La lavanderia vicino all’hotel fa proprio al caso nostro, lasciamo il puzzolente fagotto che sarà pronto “magnana” (domani) e passeggiamo per Mulegè.
Notiamo un cartello “stasera battaglia dei galli” e pensiamo che non sarà come nei film, sarà una roba ufficiale tipo la battaglia delle mucche da noi, non credo sarà una roba cruenta.
Paghiamo il biglietto per entrare nello “stadio comunale” e ammiriamo i galli che entrano accompagnati dai loro padroni. Belli, lucidi con delle piume che sembrano dipinte, tutti meravigliosamente puliti e apparentemente curati; i padroni li accarezzano, li coccolano, li baciano… “figurati se li mandano a morire” rassicuro Samy “non vedi come se li coccolano?”
Ma è ora di cena e optiamo per uscire a cercare un ristorante:
”Ma se usciamo a cena poi non rischiamo di perdere la battaglia vero?” Chiediamo alla cassiera.
”Ma no! Qui si andrà avanti almeno fino a mezzanotte!”

Ci infiliamo in un pub americano (Mulegè è meta di vacanzieri facoltosi americani e i ristoranti sono quasi tutti gestiti da loro) e ordiniamo una quantità di cibo imbarazzante, che mi vergogno a descrivere oggi. Ma mangiamo tutto, due portate a testa veramente abbondanti, credo che in una puntata di Man Vs Food avremmo fatto un figurone, annaffiamo tutto con abbondnate birra e una volta satolli rotoliamo fino al comunale per vedere la battaglia.
Ci sediamo sugli spalti in mezzo ad una folla festante di americani e messicani, sul ring i due galli brillantinati e lucidi come macchine da corsa si squadrano minacciosi. Due messicani girano intorno al ring con uno scrigno nero e uno bianco tutti tempestati di pietre brillanti dove la gente infila dentro banconote.
Inizio ad avere dei dubbi…
Suona il gong. I due galli iniziano ad affrontarsi. Saltano, scalciano, si beccano ma uno dei due è più forte e sfruttando l’uncino metallico che i padroni legano ad una delle zampe dei loro combattenti sferra un calcio alla gola del suo avversario che crolla a terra sanguinante.
Il suo padrone lo prende, beve un bicchiere di non so cosa e lo spruzza, a mo’ di aerosol, sul muso del suo animale che si riprende incredibilmente e pare pronto ad affrontare il secondo round.
Si riprende ma l’altro gallo è più forte, salta e sferra una altro calcio alla gola al suo avversario, questa volta fatale, che stramazza al suolo rantolante in una pozza di sangue. Samy è sconvolta, io anche ma non voglio credere che sia la normalità… Penso che è come se una persona che non ha mai visto un’auto capitasse da noi e vedesse un incidente stradale. Non può essere così, non deve.
Samy ha visto abbastanza e se na va, io decido che voglio “vederci chiaro” e capire se è realmente così, voglio vedere un altro combatitmento.
Liberano il ring e il gallo sconfitto viene lanciato nel prato dove i bambini lo prendono per il collo e lo scuotono per finirlo. I miei occhi a stento stanno nelle orbite ma sono tutti galvanizzati e si esaltano come dei pazzi, il gallo vincitore viene osannato e coccolato da tutti mentre esce dal ring accompagnato dal suo padrone.
Mentre Samy esce inizia un nuovo incontro che mi risparmio di raccontare, ma dico solo che finisce esattamente come il precedente ma con una durata di circa quindici secondi.
Ok, scemo io che credevo ad altro, che so, un gioco a punti su chi lascia prima il ring o non lo so, ma mai avrei pensato che le battaglie dei galli non clandestine fossero così. SBAGLIAVO.
Sconvolto raggiungo Samy e andiamo all’hotel per dormire.
Dalla terrazza si sente in continuazione, e per tutta la notte, il chicchirichì dei galli che stanno letteralmente andando al macello.
Questa sera abbiamo sbagliato. Non dovevamo andare a vedere questo show raccapricciante.
Spegnamo la luce e cullati dai canti dei galli ci addormentiamo.
Si immagino che avremmo voluto fare la stessa vostra scelta di vedere il combattimento… anche se avremmo avuto la vostra stessa reazione…però la curiosità di osservare le culture altrui lo ritengo parte del viaggio
Davvero! Bisogna assaggiare per capire che gusto hanno le cose. Ma è stato davvero cruento! Ancora oggi quando sentiamo un gallo che canta ci torna alla mente quella sera a Mulegé!