Baja Divide: Pancho e gli animali strani.

La nostra destinazione di questa parte di percorso sarà El Vizcaìno, a circa tre giorni di viaggio da qui, e continuiamo a sfruttare tutte le ore di luce possibili per poter evitare di pedalare al buio e poter godere del paesaggio che, ad oggi, ci ha lasciato ogni giorno a bocca aperta.
Lasciamo Bahìa De Los Angeles con le prime luci del giorno, dopo una bellissima dormita e iniziamo a pedalare con un piacevolissima temperatura di 15°. Alla nostra sinistra il mar di Cortèz è una striscia turchese completamente piatta e senza increspature, non c’è un filo d’aria finalmente e pedalare senza il fastidioso rimbombare dell’aria nelle orecchie come ci è successo negli ultimi tre giorni è veramente piacevole, si sente solo il rumore delle nostre gomme sulla striscia di asfalto che attraversa la piccola cittadina.
Come abbiamo notato più volte in questo viaggio, l’asfalto è sempre nella via principale delle città e dei paesi, ma appena si lascia la strada maestra ci si ritrova subito su sterrato. Non fa eccezione nemmeno questa città e appena passate alcune casette spartane ma ben tenute ed eleganti nella loro semplicità, siamo subito immersi nella natura.


Ancora una distesa di cactus cardòn, a perdita d’occhio e, sulla cima di molti di essi, gli avvoltoi stanno lì, al sole, a scaldare le loro piume nere col tepore del sole; alcuni tengono le ali aperte (credo) per asciugarle dall’umidità della notte.
Tra i cactus, a terra, una fitta erba di color giallo-oro brilla e splende sotto i raggi solari mentre le montagne, ai lati di questo stupendo quadro, incorniciano il tutto con colori che sfumano dal rosso ferruginoso al rosa. Più in alto, sopra le nostre teste, un cielo limpido del blu più puro che si possa immaginare completa questo scenario mozzafiato e noi, con le nostre biciclette, ne siamo parte integrante, attraversandolo silenziosamente e rispettosamente.

I chilometri passano velocemente e dopo una lunga e veloce salita torniamo a scorgere il mare sulla nostra sinistra, sempre con il suo colore spettacolare ma questa volta un po’ più increspato dalle onde. Arriviamo presto a San Rafaél, che altro non è che una casa sperduta tra le colline dove vive un eremita, Pancho.
Il nostro roadbook lo indica come tappa obbligata, così decidiamo di fermarci.
Appena ci fermiamo nel cortile un simpatico perro nero, il cane di Pancho, ci viene incontro abbaiando festosamente e si fa coccolare mentre il suo padrone, non tarda ad uscire dalla sua casa con una birra in mano e una sigaretta in bocca:
”Hola amigos!” Ci dice con un enorme sorriso sdentato stampato in volto, e ci invita ad entrare.
Nella sua sala, spartana ma con tutto quel che serve, compreso un enorme frigo colmo di birre per gli amici, ci sono due altri suoi amici e ci uniamo alla compagnia.
Stappiamo delle birre (che paghiamo con una piccola mancia che a lui servirà per la benzina dei generatori) e iniziamo a chiacchierare con un linguaggio simile all’italiano mischiato alle quattro parole di veneto che conosciamo. Ma ci capiamo, più o meno.

Pancho vive qui da diversi anni, da solo, in una zona sperduta tra le montagne e “di mestiere “ fa il gommista, nel senso che chi percorre il percorso del Baja 1000 in e fuori gara sa che qui può trovare tutto il necessario per sistemare le gomme della moto, dell’auto o del camion per poter affrontare il lungo tratto che lo separa dalla parte più severa del percorso, la zona della Sierra De La Giganta.
Quando Lael Wilcox e Nicholas Carman sono passati di qui la prima volta a tracciare il percorso che stiamo seguendo noi hanno fatto la sua conoscenza e si sono raccomandati di essere gentile con i ciclisti e che loro, in cambio di una birra gelata, lo avrebbero aiutato con una piccola mancia. E così lui, ad ogni ciclista che passa, offre una birra e si esibisce nel raccontare degli animali che vivono nella sua zona.

Pancho ci racconta così delle linci che vivono vicino a casa sua. E che tutti i giorni passano dei dintorni e si stupisce del fatto che arrivando da lui così presto non le abbiamo incontrate.
Prosegue il suo racconto dicendoci che una volta, sull’uscio di casa, si è trovato un lunghissimo serpente a sonagli steso al sole, senza titubare ha preso il suo fucile, gli ha sparato e poi l’ha messo in pentola per mangiarselo a pranzo!
I racconti continuano, descrivendo animali più o meno fantasiosi come quel verme con gli occhi blu che sbuca dal terreno e se ti morde un dito può staccartele e tra le risate generali continua fantasiosamente a inventare (spero) e descriverci un sacco di bestie strane…
L’eremita ci racconta anche di quel ragazzo canadese (che seguivamo su instagram, che in compagni dei suoi due cani e con una carriola su cui trasportava acqua e cibo, è arrivato a Cabo San Lucas (nell’estremità più a sud della penisola) partendo da casa sua, in Canada, e mentre racconta fa quel gesto internazionale con il dito indice che ruota nei pressi della testa, vicino alla tempia che sta ad indicare una persona a cui manca qualche rotella!
Ancora risate quando Pancho chiede a Samy di cantargli una canzone della Pausini che, a detta sua, le assomiglia parecchio e io cerco sul telefono se ho una foto ella mia amica Manu (che le assomiglia veramente) per fargli lo scherzo e dirgli che Laura è nostra amica veramente, ma purtroppo non c’è campo qui tra le montagne e la burla non mi riesce!

A fatica ci sganciamo dall’eremita e dal simpatico siparietto che si è creato e riprendiamo a pedalare. Appena fuori dalla proprietà di Pancho diversi cartelli che indicano “zona pericolosa ad elevata radioattività”… pensavamo di pranzare da queste parti ma visti gli avvisi optiamo per percorrere ancora qualche km per fermarci.
La temperatura continua a salire inesorabilmente e il fondo si fa via via più sabbioso così alle 16 scarse optiamo per preparare il campo per la notte, immersi nel silenzio e circondati dai cactus e dalle montagne. La zona è piuttosto remota e ci rendiamo conto che dopo aver lasciato Pancho non abbiamo incontrato nessuno.
Montiamo la tenda e ci rilassiamo prima di cenare al tramonto e rifugiarci in tenda col buio e l’arrivo del fresco della notte.

Facciamo un punto della situazione e ci rendiamo conto che domani, per trovare acqua, dovremo arrivare a Rancho El Arco ma se il caldo si farà sentire come oggi dovremo controllarci bene nel bere e dovremo ancora una volta centellinare le nostre riserve idriche.
”spegnamo la luce” e ci abbandoniamo al buio e al silenzio, abbiamo solo muggiti lontani e per il resto il silenzio, ancora una volta, è il protagonista della serata.

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