Che gran dormita! Con le prime luci del sole, dopo una bella colazione, lasciamo l’hotel di lusso (che ci è costato ben 35€ in due compresa la cena di ieri sera) e imbocchiamo la MEX1 per la nostra tappa di trasferimento: prima destinazione Vicente Guerrero dove ci fermeremo al negozio di Salvador, Fass Bike, praticamente l’unico negozio della Baja California, per firmare l’ormai mitica mappa della penisola dove ogni ciclista che segue questo percorso si ferma a lasciare il segno del suo passaggio.
La Strada tra le due città è piuttosto trafficata, sicuramente più delle piste che ad oggi abbiamo percorso, ma notiamo un discreto rispetto per noi ciclisti e sia auto sia camion ci passano a debita distanza.
Nulla da sottolineare per quel che riguarda il paesaggio in questi 40km che ci separano dalla città, se non le enormi piantagioni di frutta che ci circondano. Sui muri di recinzione nei pressi delle entrate alle coltivazioni ecco fugati i miei dubbi circa l’utilizzo di “anabolizzanti” per frutta e verdura: delle insegne-murales, rigorosamente dipinte a mano (come quasi tutte le insegne delle varie attività qui in Messico) riportano immagini dei frutti coltivati, il nome della piantagione e, soprattutto, i brand di note case farmaceutiche tipo Bayer… ecco fugati i miei sospetti!
Arriviamo da Fass Bike alle 9.30 del mattino, Salvador ci accoglie con una canzone degli AC/DC a tutto volume; nel negozio c’è solo lui, ha appena aperto e ci offre un caffè.
Mentre parliamo ci da le sue raccomandazioni e ci dice di proseguire sulla strada principale ma pedalando “contromano” sulla parte sterrata in modo da vedere bene chi incrociamo “perchè qui, sapete, non tutti quelli che sono al volante hanno la patente e spesso accadono incidenti stradali mortali senza che poi si riesca a rivalersi su chi li ha causati”. Chiediamo anche informazioni circa il pericolo di campeggiare liberi, dal momento che ogni sera siamo sempre un po’ timorosi nel piazzare la tenda in zone remote.
Salvador ci “rassicura” spiegandoci come comportarci: “sapete, nei pressi delle città dovete stare sempre attenti, perchè sicuramente nessuno vi viene a disturbare e non date fastidio, ma può capitare (purtroppo abbastanza spesso) che i narcotrafficanti commettano degli omicidi e vadano nei campi vicino alle città a disfarsi dei cadaveri, e se per sfortuna voi dovreste essere accampati proprio nella zona in cui si stanno liberando delle prove dell’omicidio… beh, meglio evitarlo! Invece quando siete nelle zone remote non dovete avere timore, i contadini della zona sono tutti gentili e ospitali e nessuno di sicuro vi viene a cercare o disturbare quando siete lontani dalle città!”
Non sappiamo se essere più timorosi o rincuorati, ma dopo una lubrificata alle bici e aver acquistato un boccetta di olio per la catena (che qui, complice la sabbia se ne fa un uso superiore a quello che avevo preventivato) proseguiamo, contromano, sulla MEX1 in direzione San Quintin. Lungo la strada, sempre circondata dalle coltivazioni di frutta, alcuni contadini improvvisano bancarelle e vendono la loro frutta: ne approfittiamo e compriamo una vaschetta gigante di fragole enormi, gonfie, rossissime che solo a vederle fanno venire l’acquolina in bocca!
Arriviamo in città, guarda caso, all’ora di pranzo e ci fermiamo al chiosco di una signora che cucinerà solo per noi: un cheesburgher come se lo avesse fatto mia mamma per me, succulento e farcitissimo, con patatine e frijoles, e due bei tacos con pollo con contorno di mais bianco per Samy. Ci facciamo lavare le fragole dalla signora del chiosco e ci facciamo una bella scorpacciata! Riempita la pancia compriamo qualcosa per cena al vicino supermarket dove incontriamo Paul del Colorado, in sella alla sua fat bike. Ci diamo il cambio per fare spesa e controllare a turno le bici fuori dal negozio e ripartiamo mentre Paul mangia pranzo. Ci diamo appuntamento per la sera a Nueva Odisea.
Riprendiamo la traccia ufficiale e torniamo a pedalare sulla chilometrica spiaggia, come ieri, tra woops gigantesche e sali-scendi divertentissimi.
Ad un certo punto la spiaggia si stringe e dopo aver scavalcato alcune dune, eccoci a pedalare in riva all’oceano sul bagnasciuga! I pescatori stanno cercando di prendere all’amo i pesci per la cena, i gabbiani si alzano in volo al nostro passaggio, due cagnolini cercano di prenderli inseguendoli… percorriamo questo tratto che sembra non finire mai e non sentiamo la stanchezza. Siamo così lontani da casa, abbiamo così tanto tempo per noi e finalmente realizziamo che non siamo in vacanza, siamo in viaggio!
A pochi km da Nueva Odisea notiamo un campeggio dietro le dune e, anche se è solo il primo pomeriggio, decidiamo di fermarci qui e goderci un po’ di riposo.
Sono le 15.30, abbiamo già piazzato la tenda e stiamo accendendo il fuoco, ci facciamo la doccia e cerchiamo di prendere acqua per domani, ma dai lavandini e dalle docce esce solo acqua salata! Poco male, la città è a 5km da qui, la prenderemo domani!
Conosciamo un signore Canadese e non posso non notare la maglietta da bici che indossa, con su scritto Tour Divide, così parliamo un po’ e gli racconto delle mie avventure e disavventure al riguardo. Nel frattempo il fuoco sta iniziando a scoppiettare e tra una cosa e l’altra si è fatta quasi ora di cena così ne approfittiamo per mangiare qualcosa di caldo.
Col buio ci rifugiamo in tenda e iniziamo a notare un via vai di jeep sulla spiaggia…
“UHM, e questi cosa faranno?” Dice Samy preoccupata… “Dai saranno ragazzi che si divertono” rispondo per tranquillizzarla ma non sono molto convincente anche perché sto notando che il recinto del campeggio non esiste e altro non è che delle pietre messe a debita distanza (5-6 metri) lungo il suo perimetro e penso che chiunque possa entrare e uscire senza problemi.
Non faccio in tempo a finire di pensare che non è poi molto sicuro come camping quando un grosso pick up, con una rotoballa nel cassone, si piazza, fari e motore accesi, a pochi metri dalla nostra tenda che, ovviamente, è la più isolata di tutte perchè nonostante tutto noi restiamo due sociopatici!
Ma cosa vuole questo? Perchè sta qui? Cosa sta cercando? Passano i minuti e lui ancora resta lì, armeggiando con il telefono… Iniziamo a preoccuparci ma io faccio finta di essere tranquillo, esco dalla tenda e fingo di attizzare il fuoco. Il giovane esce dalla vettura e mi si avvicina: “scusa, mi sono perso, sai come si esce da qui?”. Non so se credergli e mi aspetto di essere rapinato da un momento all’altro ma mi rendo conto in quel momento che non ho notato dove sia l’uscita e l’ingresso è chiuso da una sbarra… Alla reception non c’è più nessuno e non so cosa rispondergli se non un dubbioso “non lo so!”.
Lui chiude la macchina e se ne va a piedi.
Siamo lì, in tenda, con un dodge ram con una rotoballa sul cassone abbandonato e non sappiamo cosa accadrà… Sarà andato a cercare l’uscita? Avrà chiamato i suoi compari e verrano in cinque a farci pelo e contropelo? Restiamo a “chiappe strette” per un tempo incalcolabile, tesi, preoccupati, quasi impanicati quando lui, finalmente torna e, senza proferire parola, sale sulla jeep e sparisce.
Tiriamo un sospiro di sollievo, il fuoco ha ormai quasi esaurito tutta la sua vigorosità e si sta spegnendo. Ci infiliamo i tappi per le orecchie e decidiamo di dormire. Se arriverà qualcuno a rapinarci che arrivi, basta che non lo sentiamo!
La tenda senza il secondo telo ci lascia ammirare tutte le stelle in cielo e il rumore delle onde molto lontane (per via dei tappi) ci aiutano a rilassarci e, finalmente, ci addormentiamo.