Stiamo dormendo con la tenda aperta, le nubi che ci avevano preoccupato ieri sera si sono subito dissolte e ne abbiamo approfittato per riposare sotto un mare di stelle incredibile, mai viste così tante tutte insieme, ma il freddo della notte si fa pungente e ad un certo punto siamo obbligati a chiudere le zip della tenda e a rinchiuderci ben bene nei sacchi a pelo.
Alle 6 del mattino, come sempre, sbuchiamo fuori dalla tenda, un po’ intirizziti dai soli 6 gradi. C’è già luce ma il sole è ancora dietro le montagne quindi cerchiamo di fare colazione con the caldo e biscotti e di rimetterci in moto in fretta.
Mentre smontiamo il campo ed eliminiamo, come sempre, ogni traccia del nostro passaggio, una jeep con 4 persone arriva proprio nella zona dove siamo noi! Orco can, meno male che eravamo ben nascosti! Nulla di che, crediamo siano i proprietari dei terreni che stanno verificando il pascolo e il bestiame che lo frequenta: ci salutano senza dirci nulla, anzi, ci sorridono allegramente mentre noi ci accingiamo a riprendere la pista sterrata e cerchiamo di scaldarci a colpi di pedale.
La strada è perfetta, battutissima e scorrevole ci permette di macinare un bel po’ di km nella mattinata, attraversando montagne di rocce ferruginose e rossastre sotto lo sguardo vigile di cavalli e mucche che pascolano liberi per questi vasti pascoli; il loro mantello sembra di velluto tanto è luccicante sotto il pallido sole del mattino.
Scorgiamo, in lontananza, una luce un po’ diversa, come nebulosa all’orizzonte. È l’oceano! Ci fermiamo un attimo e mettendoci a favore di vento per non sentirlo nelle orecchie, aguzziamo l’udito e riusciamo a notare, lontanissimo, il rumore delle onde che si infrangono sulla costa.
Ringalluzziti da questa novità, riprendiamo a pedalare con vigore cercando di raggiungere l’oceano velocemente.
dopo una serie di curve e sali-scendi eccolo là, sotto di noi, solo uno strapiombo ci separa dalla costa ora e breve e ripidissima discesa ci porta finalmente sulla scogliera dove le onde sbattono e schizzano fin sulla strada. Siamo di nuovo in riva all’oceano dopo aver lasciato San Diego ormai 5 giorni fa ed aver attraversato tutta la Sierra Alta.
La prima parte del nostro viaggio potrebbe anche finire qui se non fossimo spersi nel nulla, dato che abbiamo già vissuto un’avventura incredibile e visto un sacco di cose bellissime e diverse tra loro.
Nella piazzola dove siamo fermi a contemplare tutto ciò, da un fuoristrada parcheggiato con tavole da surf sul tetto e come delle mtb sul portabici posteriore, esce una donna con una cane, ci viene incontro e Ibiza a parlare con noi: è un militare in congedo con la passione del surf e ci conferma che questo posto è un paradiso per i surfisti americani che qui passano l’inverno a cercare onde perfette. A tratti anche lei e il suo compagno pedalano alcuni pezzi del nostro percorso ma non sono allenati per affrontarlo tutto intero così, con la jeep, ne approfittano per fare anche un po’ di surf… non male, per nulla, come opzione!
Ci rimettiamo in moto. La strada, ora non più liscia e levigata come questa mattina, ma sassosa e smossa, costeggia l’oceano a circa una decina di metri dal livello dell’acqua, sulla scogliera dove le onde più grandi spruzzano gocce di acqua salata che ci bagnano mentre passiamo. Il sole non è ancora caldissimo e la brezza del mare ci rinfresca mentre costeggiamo questo lungo tratto meraviglioso. Quando la costa si apre un po’ e iniziano ad esserci le spiagge a tratti lasciamo la strada principale e percorriamo si single tracks di sabbia che attraversano le dune di sabbia finchè ci troviamo un serpente lungo un paio di metri, di un color verde quasi fluorescente tanto che è vivace. Ci fermiamo a debita distanza ad ammirarlo mentre lui, infreddolito, lentamente se ne torna tra i cespugli e noi riprendiamo a pedalare sula strada!
Raggiungiamo un agglomerato di case e la notiamo la differenza tra le case dei villeggianti americani, bellissime villette eleganti e ben rifinite, e quelle dei pescatori che vivono qui tutto l’anno, non più che delle baracche di legno e lamiera. Il contrasto è toccante!
Appena fuori il villaggio dei pescatori il terreno è recintato per km e km: siamo in una piantagione di verdure di qualche grosso produttore e a tratti dobbiamo cercare un varco per rimanere sulla strada che li attraversa, speriamo che non sia vietato transitarci anche perchè altre strade qui non ce ne sono.
Fortunatamente arriviamo al villaggio dove abitano i contadini, Ejido Uarapan, quando i bimbi stanno uscendo dalla scuola e ci salutano, quelli che sono in bici ci seguono ridendo e vogliono “darci il cinque”; il fruttivendolo del paese è ben rifornito, ha della verdura e della frutta gigantesca, cipolle grosse meloni e mele che quasi non stanno nelle mani, credo che qui l’uso di fertilizzanti “particolari” non sia proibito! Ne approfittiamo per comprare due banane (anche loro enormi) e facciamo uno spuntino ma quando troviamo il negozio appena più avanti ne facciamo un altro e compriamo anche acqua visto che siamo a corto.
Un camioncino che trasporta bombole del gas si ferma lì vicino, esce l’autista e inizia a urlare qualcosa che ci riporta alla mente “donne, è arrivato l’arrotino!”, le donne escono dalle case vicine e comprano la loro bombola di gas. Che bello, sembra tutto così semplice qui! Sembrano tutti poco stressati e allegri!
Decidiamo di arrivare a Punta Colonèt perchè qui non ci sono motel o stanze per passare la notte e come ci è stato consigliato, meglio non campeggiare nei pressi di città e villaggi e poi è ancora presto per fermarsi già ora.
Il percorso ora ci porta su una spiaggi lunghissima e larghissima, tanto che l’oceano è impossibile da vedere. Un susseguirsi di gobbe, dune e “woops” ravvicinate ci fa divertire per un po’ di km e dopo un po’ di ore immersi in questa enorme “pump track” naturale ritroviamo nuovamente la striscia asfaltata MEX1.
Siamo a Punta Colònet, fine della prima parte del nostro viaggio. Da qui lasceremo per qualche km il percorso ufficiale per ragioni di tempo e percorreremo la MEX1 fino a Vicente Guerrero. Ad oggi abbiamo percorso 400 km e scalato 7000m positivi di dislivello, quasi tutti su sabbia fino ad ora e la nostra media giornaliera di km è troppo vicina a quella limite minima che ci eravamo prefissati di 70, quindi, come avevamo programmato, taglieremo alcune parti del percorso per tenerci del margine in caso di imprevisti.
Facciamo provviste per l’indomani e per l’aperitivo e troviamo un hotel appena fuori città, prendiamo una stanza e ci diamo una bella rinfrescata prima di cenare direttamente in questo hotel che, per gli standard messicani, sembra un 5 stelle: il viale d ingresso tutto lastricato in pietra, le stanze con verandina che da su un prato verde e curatissimo, le palme, la piscina ll’aperto (ma ora chiusa perchè anche se noi abbiamo caldo qui è inverno)…
Ceniamo e ci riguardiamo nella stanza alle 9 di sera, tardissimo per i nostri standard!
Il letto è comodo, noi siamo abbastanza stanchi… ottimo connubio per cadere in un sonno profondo e ristoratore!