Qualche semplice regola

C’era una volta la Great Divide Mountain Bike Race. Nata dalla passione di una manciata di amici che negli anni tracciarono un percorso di oltre 4000km lungo la linea spartiacque americane, lungo le Rocky Mountains, da Banff, Alberta (Canada) fin giú, al confine con il Messico, ad Antelope Wells.

Presto scattó la sfida a chi avrebbe impiegato meno tempo a percorrere l’intero percorso,  cosí si stabilirono alcune semplici regole:

-il percorso deve essere percorso integralmente seguendo la traccia ufficiale senza mai deviare dalla graccia fornita

-l’atleta deve percorrere il percorso in autonomia totale. L’idea é di essere completamente autonomo tra una cittá ed un altra, e assistito nelle cittá lungo il percorso, ma solo ed esclusivamente accedendo a servizi pubblici, quindi negozi di generi alimentari, alberghi, lavanderie a gettoni e ogni altro tipo di attivitá commerciale aperta al pubblico. Vietato, ovviamente, essere assititi privatamente da amici o parenti lungo il percorso o nelle cittá. Questo per permettere ad ogni partecipante, proveniente da ogni parte del mondo, di avere lo stesso livello di aiuti esterni.

-Il tempo limite é fissato in 1,5 volte il tempo record ufficiale del percorso. Il tentativo di record è fattibile durante tutto l’anno, con partenza da nord a sud o da sud a nord nel periodo che piú aggrada il partecipante ma una volta all’anno, il secondo venerdí di giugno, é prevista una partenza di gruppo, il “grand depart”. Il percorso deve essere fatto in una unica soluzione, non si può percorrerlo a tappe. Il cronometro parte al primo colpo di pedale e non si fermerá fino all’arrivo al capo opposto del percorso. Pause, soste, quando mangiare bere e dormire sono a totale discrezione dell’atleta.

-È possibile uscire dal percorso per accedere a servizi di emergenza, anche sfruttando mezzi meccanici come treni bus o altro, ma il rientro sul percorso, per non essere squalificati, dovrá avvenire nel punto esatto in cui si é usciti.

Questi sono i punti salienti delle regole della “mamma di tutte le gare” di ultra distanza. Tralascio alcuni punti non rilevanti (e non applicabili per le nostre zone) in quanto il nostro territorio è completamente differente da quello americano.

Perché scrivo queste cose? Perché si sta facendo (in Italia ovviamente) un gran caos riguardo cosa sia un trail (Quanto non sopporto questa definizione!). Chi dice che non é e non deve essere una gara, chi dice che è un modo di conoscere il territorio, chi dice che é un momento di aggregazione e altre mille interpretazioni personali.

Il mio pensiero in merito é semplice: un evento di ultradistanza deve essere percorso nel minor tempo possibile da chi vi partecipa e sempre e solo rispettando le basilari regole di cui sopra, compreso il tempo limite per chi volesse rientrare tra i finisher. Perché? Supponiamo che nasca una serie di eventi ufficiali a cui si puó accedere solo con esperienze e qualificazioni precedenti. Siamo certi che chi ha conluso da finisher un trail di 250km in Italia sia in grado di percorrere un percorso dove, se va bene, la sola distanza tra due cittá puó essere la stessa dell’intero trail nostrano? Io dico di no. Quindi, senza entrare nel merito di categorie e sotto-categorie, altro argomento un po’ antipatico, sostengo da sempre che un evento dovrebbe essere sempre impostato in un certo modo: si parte, si stabilisce un tempo limite calcolato sul tempo record e chi arriva entro tale limite é considerato “finisher” e ha diritto di entrare in un albo d’oro. Gli altri possono (se proprio vogliamo) ricevere un attestato di partecipazione che tanto, se non interessati alla classifica, non dovrebbero nemmeno vantarsi di essere “finisher”.

Altro argomento potrebbe essere il dover pagare una quota di iscrizione o meno, ma capisco che in Italia non sia semplice fare le cose come  negli U.S.A., ma credo sia peggio mascherare una gara (perchè poi una volta partiti tutti vanno al massimo delle loro possibilitá) da evento di aggregazione-non competitivo solo per non dover pagare quote associarive e/o assicurative e, in un certo qualmodo, lavarsene le mani per ovviare problemi logistici di presidio del percorso e cercare un modo per limitare in parte le responsabilitá di chi organizza. 

Non sarebbe piú chiaro e semplice per tutti applicare le semplici regole qui sopra per tutti? Non sarebbe piú semplice ammettere che si cerca di arrivare sempre e comunque prima dell’amico sfidanolo/sfidandosi ad impiegare meno tempo possibile per coprire tutta la distanza? É cosí vergognoso metterci un po’ di SANO agonismo? Cosí come mi chiedo é cosí importante dover partire per forza in 400 per godere di un percorso che,  magari, fatto una settimana prima o dopo sarebbe ancor piú meraviglioso, silenzioso e godibile? E infine, é cosí importante finire nella lista dei “finisher” se si percorre il tracciato impiegandoci il triplo del tempo necessario gustandosi il territorio e facendo un viaggio o una vacanza in un posto nuovo? 

Perché in fondo, dopo un viaggio o una vacanza , cosa ci interessa portare a casa? Il ricordo di una splendida avventura con qualche  foto e tanti ricordi,o un foglio di carta che ci dica “tu hai finito il percorso e non importa quanto ci hai messo”?

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