GREAT DIVIDE RACE: GIORNO VI


Ho dormito pesantemente anche se, talvolta, mi svegliavo con i piedi “strani”, come anestetizzati… Nella notte li ho appoggiati al davanzale, gambe in alto, per cercare di farli riprendere un pò, ma l’impressione di “anestesia” non se ne è andata.
Fuori c’è luce ormai, la sveglia ha suonato ma non riesco ad uscire dal sacco a pelo. l’aria nella cabin è pungente, sto bene nel mio sacco e non ho voglia di uscire nella nebbia che c’è fuori. Sento dei versi strani provenire da fuori, non li conosco, non li ho mai sentiti prima. Mi affaccio e vedo nel pratone appena fuori dal bosco un gruppo di questi erbivori simili ad antilopi senza corna che pascolano beati nel’aria umida di rugiada del mattino; saranno una quarantina!

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panorama mattutino…

Esco per fare pipì contro un albero, scalzo, in mutande… Azz, fa freddino! Rientro e mi vesto. Per la prima volta indosso il piumino e i gambali, i sottoguanti di seta sotto i guanti merino… Sono a 2400 e mi aspetta una lunga discesa!

Impacchetto per l’ennesima volta le mie cose ed esco. Chiudo la porta della cabin, ri-appoggio il sasso che la tiene chiusa e salgo in sella. Solito fastidio al sedere, ormai non ci faccio più caso, attacco le scarpe ai pedali e do due colpi di pedale per partire, dolcemente…

ZZZAAAACCCCCCC!!!!!!

Urlo dal dolore. Qualcuno mi ha piantato dei chiodi dietro le caviglie appena sotto i polpacci. Sicuro che è così, non può arrivare un dolore così intenso e pungente tutto da solo. Non mi giro a guardare perchè so cosa sta succedendo… Continuo a pedalare, leggero, come se avessi le placchette dei pedali fissate a delle uova, e non voglio romperle. Ho male. Ho tanto male, non posso pedalare.

Stringo i denti e cerco di arrivare all’inizio della discesa. Ho freddo dappertutto, ma le caviglie sono avvolte dal fuoco. loro sono calde!
Inizio a scendere senza dare nemmeno un colpo di pedale e ne approfitto per cercare sollievo alle caviglie: un pò di stretching passivo e il dolore sembra attenuarsi.
arrivo in fondo e inizio a tenere d’occhio i ristoranti per fare colazione.
Arrivo al Mountain Lodge che sono le 6.30, non si aspettano un biker affamato a quest’ora e tradano a portarmi colazione… Intanto io mi scaldo un pò, cerco sollievo, passeggio senza scarpe, mi massaggio i piedi, rifaccio le bende alle caviglie: la destra ha il solco della benda vecchia, intorno è tutta gonfia e la sinistra, sotto le bende, ha due grosse vesciche. Per metterci due compeed devo prima disinfettare e ci verso su l’amuchina gel per le mani… BRUCIA!!! Brucia da impazzire! appena passa metto su i compeed e fascio stretto con quello che mi rimane delle bende elastiche (ho ancora il cerotto adesivo per le emergenze nel caso).

Mangio. Mangio tanto, convulsamente e disordinatamente. Dolce e salato, di tutto, caffè, coca cola… Intanto arriva Mark, primo americano in gara, mangiamo insieme, mi prendo qualcosa per il tragitto verso Lima, riempio il camelback e riparto. Appena in sella sembra che le caviglie siano tornate a posto, e il dolore lancinante del mattino sembra solo un brutto ricordo (e non un cattivo presagio). Pedalo allegramente verso Polaris, cambio la mappa nel portamappa, e inizio la mia strada verso il Wyoming. Dimenticandomi del dolore di poche ore prima mi alzo sui pedali per superare una breve salita e… ZZZAACCCCCC!!! di nuovo i chiodi nei polpacci, questa volta ancora più grossi e dolorosi, sbando, per poco non cado dalla bici. Ho le lacrime agli occhi dal dolore, ma stringo i denti, credo che sia gestibile e cerco di pedalare in modo da non sollecitare le caviglie.

La lunga strada sale e scende sulle verdi colline del sud del Montana, senza una mezza curva, sempre dritta, poi finalmente una curva, e poi ancora km e km di rettilineo. Mi sembra di pedalare ad una discreta velocità quando Mark mi supera incitandomi e mi svernicia letteralmente. Faccio finta di nulla e proseguo al mio passo. Ora la strada è sterrata, sempre dritta, con un vento trasversale che mi fa procedere a bici inclinata. Vado piano, pianissimo, sto faticando a progredire, ma vedo Mark appena lì davanti a me arrancare ne più ne meno di me. Dopo un pò di km inizio a sentire una sensazione strana al ginocchio destro: sembra che sia avvolto in un panno pieno di spine…

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finalmente il paesaggio diventa quello che mi immaginavo: lunghe strade nei campi e orizzonte lontanissimo!

Percorro in totale 65km da quando mi sono svegliato quando, giunto ad un bivio il dolore è ormai insopportabile. Do uno sguardo alla cartina: Lima 120km, popolazione 600. Appena fuori traccia Dillon, 6’000 abitanti. mi dico “forse trovo un pronto soccorso, un dottore, qualcuno che mi possa dare un’occhiata, bendare, spalmare di crema miracolosa… che ne so cosa… Mi fermo. Tolgo scarpe e calzini e mi sdraio per terra, con i piedi in alto appoggiati alla bici. Mi viene da piangere, non so cosa fare! sono a 9’000 km da casa mia, in una prateria del Montana, da solo, solo come un cane, ho un male fottuto e non so cosa fare. Rimango così per quasi un’ora credo, mi ricompongo, decido che non ci si può fermare così, e prendo la traccia per Lima. Percorro forse 500 metri e tornano i chiodi nelle caviglie. “ma dove vuoi andare?” mi dico e, con le lacrime agli occhi faccio dietrofront. Mando il messaggio “stop per problemi fisici o meccanici riparto appena risolto, nulla di grave” con lo spot, aspetto che sia inviato e spengo tutto.

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la dolorosa sosta, definitiva, per capire cosa fare…

L’asfalto per Dillon è in salita, c’è un colletto da superare per poi arrivare su una highway. In salita non c’è verso di pedalare: spingo. Faccio autostop ad ogni auto che passa (tutti fuoristrada con il cassone) ma nessuno mi carica, nessuno rallenta. Qualcuno mi saluta, mi viene voglia di sputargli sul parabrezza… Finalmente inizia la discesa e risalgo in sella. “Dillon 25 miles” recita il cartello. Per fortuna è prevalentemente in discesa, ma fatico comunque un sacco a procedere tra gli enormi tir che mi sfrecciano accanto e il vento contrario. Impiego credo 3 ore per arrivare in città. Dall’Italia Cora e Luca, mio fratello, mi trovano l’indirizzo di un chiropratico. Lo cerco e dopo un paio di incroci lo trovo.

Lego la bici alla ringhiera davanti allo studio, entro e aspetto, seduto su una poltroncina. Dopo qualche minuto esce un uomo in giacca e cravatta e mi chiede di cosa ho bisogno e mi dice che devo aspettare. Ancora qualche minuto ed esce un altro omino, in camicia e cravatta: gli spiego tutto, mi butta uno sguardo schifato (non devo essere bello da vedere e puzzo, ne sono consapevole e mi chiede se ho un appuntamento. “Ma idiota, vabbeh che non parlo un inglese perfetto, ma hai capito che ho bisogno di aiuto e che non sono un cliente che ha prenotato, che non arriverei in questo stato ad un appuntamento?” penso… Nulla, senza appuntamento non se ne fa nulla. Dispiaciuto mi da un altro indirizzo, appena lì vicino.
Ringrazio e me ne vado.

Trovo subito il nuovo studio, entro, mi accolgono all’istante: un dottore giovane, assomiglia al mio amico Luca, e una assistente giovane e carina, con l’apparecchio ai denti.

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la mia avventura finisce qui, in uno studio chiropratico

“cosa succede”

“sono infortunato, ho un dolore terribile alle caviglie”

“sei in viaggio?”

“sto facendo una gara in mtb, la più lunga del mondo, ma ho dei dolori fortissimi alle caviglie, ho paura di essermi messo fuori posto qualcosa, non posso più pedalare”

Andrew controlla la mia assicurazione (che ovviamente non copre questo tipo di cose), gli allungo i 50$ della visita, e mi fa accomodare sul lettino. Mi fa aspettare un attimo, intanto mi imbuco in bagno e mi lavo almeno i piedi… sono 3 giorni che non mi lavo e le ultime due notti le ho passate come ben sapete…
quando arriva mi scuso per il mio cattivo odore, mi visita, controlla… Tutto ok, non sembrano esserci lesioni, però ho una brutta infiammazione ai tendini.
“scusa Doc, ma perchè la sx fa “solo” male e la dx è così gonfia? perchè se pigio col dito rimane il buco per 20 secondi?”
“potrebbe esserci una microfrattura, ma non osso vederla con la mia macchina dei raggi, non è così potente, ma non è detto”
“quindi?”
“quindi non puoi pedalarci sopra, ti rovini!”
“ma io non posso fermarmi, voglio andare fino in fondo!”
“vedi tu, io te lo sconsiglio… se vuoi ti do delle pastiglie molto forti, non senti il dolore, ma se devi arrivare in Messico non so come ci arrivi!”
“non ci penso nemmeno, va contro ogni mia idea di sport! piuttosto torno a casa!”
“bravo, mi piace il tuo ragionamento, io te lh’o detto perchè dovevo darti una opzione, però non piace nemmeno a me una soluzione così. Ti faccio un bendaggio fatto bene, poi provi a pedalare e vedi se va meglio”

Detto fatto, mi costruisce due moon boot di cerotto. Infilo (a fatica) le scarpe, salgo in sella… Peggio di prima! Non posso attraversare il cortile, figuriamoci il Wyoming, il Colorado e il New Mexico!

Sconsolato torno dentro. So che la mia avventura finisce qui, vorrei un giorno per pensare al da farsi, ma non so nemmeno dove sono. Inizia un dialogo tra me e Andrew al limite dell’esilarante…

“cosa hai deciso di fare?”
“eh… torno a casa…”
“come?”
“ho un aereo prenotato da Phoenix, il 6 luglio”
“E per andare a Phoenix come fai?”
“cerco un volo..”
Andrew mi trova un volo low cost, ma parte da Boznam, Montana, vcicino allo yellowston, ma 200 miglia da Dillon.
“lo prenotiamo?”
“mmhhh… Sì” mi rendo conto che sto decidendo di fermarmi. “ma per andare all’aeroporto come faccio da qui? prendo un treno?”
“non ci sono treni qui”
“un pullman?”
“non ci sono pullman!”
“caxxo, un taxi!”
“manco quelli! in sostanza non ci sono trasporti pubblici da qui. Se vuoi ti ci porto io, devo andarci domani!”

Incredibile. Questo non mi conosce, non mi ha mai visto e si sta dimostrando una persona d’oro. Sulla stessa falsa riga il discorso prosegue e, in soldoni, Andrew mi prenota il volo, una stanza in hotel, chiama un negozio di bici e si fa mettere via un cartone per la mia bici, mi porta in hotel prima, al negozio di abbigliamento poi e al negozio di bici per finire.

Alle 6.30 del mattino seguente, puntuale, mi carica in auto e mi scarrozza per 200 miglia fino all’aeroporto. Arrivo lì alle 8.30 del mattino, il volo è alle 18.30… Passo la giornata a mangiare e a mugugnare per la decisione affrettata che ho dovuto prendere, ma poi mi guardo la caviglia dx e quello che vedo non mi piace: è sempre più gonfia e faccio fatica a camminare. Forse ho preso la giusta decisione in fondo!

I aeroporto conosco Gunnar, un amico in comune di me e Michael, anche lui ritiratosi dal GDR per un problema ad un ginocchio. Passiamo un paio d’ore insieme a raccontarci le nostre esperienze, poi ci salutiamo.

Finalmente è l’ora del mio volo, mi imbarco, e arrivo a Phoenix in perfetto orario. Già, ma Phoenix mesa, non sky harbour… un aeroporto come quello di Aosta! Attacco bottone con una donna che sembra gentile (e lo è in effetti) e mi spiega che devo andare in taxi o navetta all’altro aeroporto. Prendo il taxi, 45$, e sono lì in poco tempo (comunque 25 miglia!)

Sono allo sportello della British Airway alle 21.30 e quello, ovviamente, chiudeva alle 21… C’è un cartello che recita: apertura sportello alle 14.30, non suonare il campanello dopo l’orario indicato…
“Chissenefrega, io suono, al massimo mi insultano!”
Suono ed esce un omino coi capelli rossi, Ron, che mi chiede in cosa può essermi utile. Gli spiego tutto, lui intanto scrive al computer… perchè, per come, infortunio, gara in mtb, 2800 miglia dal Canada al Messico… Scrive tutto tutto!
“ho un posto, UNO, sul volo di domani delle 18.20, poi è completo. ti va bene?”
“benissimo!!! eccome!! Visto che sei così gentile, mi dici se c’è un motel qui accanto?”

Ron fa una telefonata. 10 minuti dopo uno shuttle dell’holiday inn mi porta nella mia suite convenzionata con British Airways e dopo una doccia esagerata sono al tavolo con una bistecca gigante e mezzo litro di birra bruna davanti a me.

Se devo restare qui tanto vale farlo bene! Finisco la mia cena e vado a dormire. Domani voglio fare un pò di shopping per tirarmi su il morale!

7 pensieri riguardo “GREAT DIVIDE RACE: GIORNO VI

  1. prossima avventura in bici?
    perchè non scrivi qualche articolo su come preparare un viaggio del genere? ti procuri le mappe del posto e cominci a tracciare il percorso su carta, poi crei la traccia per gps? altra cosa che mi incuriosisce è sapere cosa ti sei portato dietro. quale sacco a pelo? quanti pantaloncini? un pezzo di sapone? lo spazzolino? quale set minimo di attrezzi e ricambi per la bici? un copertone si scorta? ciao grazie

    1. hai ragione, devo farlo…
      ma la mia fargo è in cantina, non l’ho più guardata da quando sono tornato, devo ancora lavarla… diciamo che mi fa male vederla per adesso, e anche scrivere ancora di queste cose non è facile!
      mi ci vuole un giro in montagna, da solo, per ore e ore per riordinare le idee, poi tornerò a scrivere e a raccontare tutto!!!

      solo un pò di pazienza dai!!!
      😉

      1. nessuna gara o cosa estrema in programma…
        sto pensando al mio primo viaggio in bici in coppia, lontano da una avventura vera e propria, ma i sicuro molto interessante il farlo in due!
        come prepararlo? compro le mappe, cerco informazioni sulla rete e cerco di capire il più possibile come sarà la strada da percorrere, il clima, i luoghi…

  2. Ammirevole il Tuo coraggio di abbandonare.
    Lo dico con una sana punta d’invidia.
    Credo ci sia voluta più determinazione nel tenere fede ai propri principi di quanta ne avrebbe richiesta il portare a termine un’AVVENTURA come il GTD, o quantomeno il provarci imbottendosi di antidolorifici.
    Abbandonare un “investimento” come questo, rinunciando a concluderlo a “qualsiasi costo”, Ti fa certamente onore, forse più di aver raggiunto il traguardo finale.
    Ti dirò di più, se avessi un’azienda Ti sponsorizzerei la prossima edizione pur di viverla anche solo per procura ma ahimè, per entrambi, non sono dotato di cotanta consistenza finanziaria. Mi limiterò dunque ad offrirTi una birra alla 6 ore della Lunigiana.
    Bye

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